Ciao Elena! Buongiorno. Partiamo dal tuo ruolo all’interno di Data? Di cosa ti occupi?

Ciao! Sono la responsabile del reparto professionisti, in cui ci occupiamo di assistenza e formazione per i nostri clienti che utilizzano Profis e Studio.


Ok, da quanto tempo lavori qui? Visto che siete in tanti a essere qui da molto!

Sono qui dal 2002. Ricordo che la domenica ho fatto uno spettacolo teatrale a Milano e il lunedì mattina ero qui a lavorare.


Ma è una storia interessantissima, come mai?

Allora ti racconto. Io sono nata e cresciuta a Milano. Dopo il diploma ho lavorato un annetto insieme a mia sorella, poi ho fatto tre anni in un autonoleggio di cui, dopo un anno, mi hanno affidato una filiale. Mentre ero in ferie ho conosciuto mio marito, che è carpigiano. 

Poi ho cambiato lavoro e sono andata in uno studio di commercialisti, sempre a Milano, più o meno per tre anni, in cui utilizzavo Profis. Facevo sempre avanti e indietro da Carpi finché mi sono stancata e mi sono trasferita direttamente in Data. E pensa che nella vita avrei voluto fare tutt’altro!


Cosa volevi fare?
Volevo insegnare ai bambini, invece ora insegno agli adulti!

E in Data come ci sei arrivata?
La Rossella, che è il nostro ufficio di collocamento (ride), aveva un'amica e sua madre era amica di mia suocera. Così, mia suocera parlando del fatto che dovevo trasferirmi a Carpi e trovare un lavoro, è riuscita a farmi ottenere un colloquio con il vecchio titolare, l’ho fatto addirittura di domenica.

Che bello! Com’è stata l’evoluzione di Data in questi 22 anni?
Ho notato che una volta c’era più rigidità, sia nel modo di lavorare, sia nel modo di approcciarsi, come d’altronde era il mondo del lavoro all’epoca. Ora trovo che ci sia più elasticità. Anche il covid ha agevolato questa evoluzione nel modo di lavorare. Rimane comunque un lavoro stressante, perché nel nostro reparto abbiamo a che fare con i problemi dei nostri clienti, e al mattino non sai mai cosa ti aspetta durante la giornata!

Ho capito. Invece chi è Elena fuori da Data? 
La cosa che mi accomuna sia dentro Data che fuori, è l'essere un po’ la “mamma” che si preoccupa di tutti. Infatti da brava ”mamma ansia” ho due figlie che fanno due sport pericolosissimi: tessuti aerei e cheerleading acrobatico!
Ho comunque capito di voler affrontare i miei limiti, infatti ho fatto un corso di teatro che mi ha aiutato a essere meno rigida e più sicura, leggera. Lo trovo molto terapeutico! Ho iniziato un corso di cucito, e anche di cucina, perché mi piacerebbe essere più pratica, imparare a buttarmi di più senza avere paura degli errori. 
Non mi ritengo una persona creativa, ma alla fine per risolvere i problemi dei clienti ci vuole molta intuizione oltre che empatia!

Giusto! Come vedi il futuro di Data?
La mia speranza è quella che Data continui a migliorare sempre. Così come sto provando a farlo io nel mio piccolo, nel privato, sarebbe bello che Data migliorasse sempre di più, da dentro! 
Credo che non si smetta mai di imparare, e che non si arrivi mai al punto in cui non ci sia più niente da migliorare o perfezionare. Perciò spero che Data non si accontenti mai dei risultati e punti sempre al meglio, per crescere insieme. 

Che bella visione! Vuoi raccontarci qualcos’altro?
Sì, ho fatto il sindaco quest'anno! Ho sposato dei miei amici storici, proprio in municipio. E poi abbiamo rifatto la cerimonia sulla spiaggia, dove ho pronunciato il discorso. Mi sono commossa più io degli sposi!

Ti sei proprio messa in gioco! Grazie Elena

Autore: Comunicazione Data 28 ottobre 2025
In un mondo in cui le aziende generano ogni giorno quantità sempre maggiori di dati, il vero vantaggio competitivo non sta più solo nella raccolta, ma nella capacità di interpretarli e comunicarli. E qui entra in gioco la rappresentazione grafica dei dati: trasformare numeri e tabelle in immagini comprensibili, immediate e utili. Perché visualizzare i dati? Il nostro cervello è molto più veloce nell’elaborare forme e colori che non righe di numeri. Un grafico ben costruito può mostrare in pochi secondi una tendenza o un’anomalia che, in una tabella di Excel, rischierebbe di passare inosservata. In azienda questo significa: decisioni più rapide, perché le informazioni diventano accessibili a tutti, non solo agli analisti; comunicazione più chiara, anche tra reparti diversi; riduzione del rischio di errore, grazie a una lettura più intuitiva. Principi di una buona visualizzazione Non basta “mettere un grafico”: la rappresentazione dei dati è un vero e proprio linguaggio che va usato con attenzione. Alcune regole fondamentali: Scegliere il grafico giusto: Ogni dato ha la sua forma ideale. Linee per mostrare trend, barre per i confronti, torte solo quando le parti non sono troppe. Puntare sulla chiarezza: Meno è meglio. Meglio pochi grafici, semplici e leggibili, piuttosto che dashboard piene di elementi confusi. Usare i colori con criterio: Il colore deve guidare l’occhio verso ciò che conta, non decorare. Se tutto è evidenziato, nulla è davvero importante. Pensare all’utente finale: Il grafico deve rispondere a un a domanda concreta: “Sto vendendo di più?”, “Il progetto è in ritardo o in linea?”. Se la risposta non è immediata, la visualizzazione va rivista. Gli errori più comuni Grafici 3D eccessivi, che complicano invece di semplificare. Troppi dati nello stesso spazio, che creano rumore visivo. Mancanza di contesto, cioè numeri mostrati senza riferimenti o spiegazioni, che li rendono poco utili. Interattività: dal report statico al dashboard Un tempo i grafici erano “figure statiche” dentro report cartacei o PDF. Oggi, con strumenti di Business Intelligence, possiamo renderli interattivi: filtri, drill-down, cambi di prospettiva in tempo reale. Un esempio concreto è Microsoft Power BI, che permette di collegare dati provenienti da fonti diverse e trasformarli in dashboard navigabili. Non si tratta solo di estetica, ma di offrire alle persone la possibilità di esplorare i dati in autonomia e trovare le risposte alle proprie domande. Cultura dei dati: oltre lo strumento Però attenzione: non basta avere lo strumento migliore. Serve anche una cultura dei dati. Significa: formare le persone a leggere i grafici in modo critico,  garantire la qualità dei dati, incentivare i team a usare davvero queste informazioni nei processi decisionali quotidiani. Conclusione La rappresentazione grafica dei dati è molto più di un vezzo estetico: è il ponte che trasforma informazioni grezze in insight strategici. In un contesto aziendale fatto di velocità, complessità e competizione, imparare a raccontare i dati in modo chiaro è una competenza imprescindibile. Che si tratti di un semplice grafico a barre o di un dashboard interattivo creato con Power BI, la regola rimane la stessa: non basta mostrare i dati, bisogna renderli comprensibili e utili.
Autore: Comunicazione Data 24 settembre 2025
Nel podcast di Data Carpi abbiamo introdotto l’argomento intelligenza artificiale, cercando di spiegare in modo semplice cos’è e come già oggi entra nelle nostre vite. Ma un episodio non basta per affrontare un tema così vasto e ricco di sfaccettature. Ecco perché questo articolo vuole essere un approfondimento: non una lezione tecnica, ma un racconto discorsivo che aiuti a capire meglio le potenzialità e i limiti dell’AI, e soprattutto a immaginare cosa può significare per un territorio come il nostro. Oltre i luoghi comuni Quando si parla di intelligenza artificiale, spesso emergono due visioni opposte: da un lato l’entusiasmo esagerato, quasi da fantascienza, dall’altro la paura che “le macchine ci ruberanno il lavoro”. La realtà, come spesso accade, sta nel mezzo. L’AI non è magia, ma tecnologia. È fatta di dati, algoritmi e calcoli matematici che permettono a un computer di riconoscere schemi, fare previsioni, proporre soluzioni. Questo significa che la sua efficacia dipende molto da ciò che le mettiamo dentro: se i dati sono scarsi o distorti, anche i risultati lo saranno. È un po’ come una ricetta: se gli ingredienti non sono buoni, anche il piatto finale deluderà. Le sfide nascoste Dietro le promesse dell’AI ci sono alcune sfide importanti che è giusto conoscere. La qualità dei dati : avere tanti dati non basta, serve che siano corretti, aggiornati e rappresentativi. La trasparenza : molti sistemi funzionano come “scatole nere”, producono un risultato senza che sia chiaro il perché. In certi settori, come la sanità o la pubblica amministrazione, questo è un problema serio. La privacy : viviamo in un contesto in cui la protezione dei dati personali è un diritto e un dovere, regolato da norme come il GDPR. Ogni progetto basato su AI deve tenerne conto. Non sono ostacoli insormontabili, ma richiedono attenzione e responsabilità da parte di chi sviluppa e di chi utilizza queste tecnologie. Dove l’AI può fare davvero la differenza Nonostante le complessità, le applicazioni dell’AI sono già realtà e possono portare benefici concreti. Nelle aziende manifatturiere si parla di manutenzione predittiva : grazie a sensori e modelli matematici è possibile anticipare un guasto e ridurre i tempi di fermo macchina. Nei servizi al cittadino, chatbot e sistemi intelligenti possono migliorare l’accesso alle informazioni e ridurre le attese. Anche il mondo artigiano e creativo trova nuove possibilità: strumenti che generano prototipi, analisi dei trend di mercato, soluzioni per personalizzare l’offerta. Queste non sono visioni lontane: sono già disponibili, e molte imprese stanno iniziando a sperimentarle. L’impatto sul lavoro e sulla comunità Uno dei temi più discussi riguarda il lavoro. È vero, alcune mansioni ripetitive verranno progressivamente automatizzate. Ma allo stesso tempo nasceranno nuove figure professionali: servono persone in grado di gestire, interpretare e controllare l’AI. Non basta avere la tecnologia, bisogna saperla guidare. Per questo la formazione diventa centrale: scuole, università, enti locali hanno il compito di preparare le competenze necessarie. Un territorio come Carpi può giocare un ruolo importante, investendo in percorsi che uniscano tradizione e innovazione, saper fare artigiano e competenze digitali. Perché Data può essere protagonista L’Emilia-Romagna è già un distretto tecnologico e manifatturiero riconosciuto a livello europeo. Carpi, con il suo tessuto di piccole e medie imprese, ha molto da guadagnare dall’adozione intelligente dell’AI. Non si tratta solo di “stare al passo coi tempi”, ma di usare questa tecnologia per rendere più efficienti i processi, più sostenibile la produzione, più competitivi i prodotti sul mercato globale. Immaginiamo un’azienda tessile che, grazie a strumenti di analisi predittiva, riduce gli sprechi di materiale; o una cooperativa che usa l’AI per comprendere meglio i bisogni dei clienti e offrire soluzioni personalizzate. Non sono scenari fantascientifici, sono possibilità reali che possono rafforzare il territorio. Conclusione L’intelligenza artificiale non è solo una moda tecnologica: è uno strumento che, se usato con responsabilità, può migliorare la qualità del lavoro, dei servizi e della vita delle comunità. Non basta l’entusiasmo e non serve farsi prendere dal timore: ciò che conta è conoscere, sperimentare e formarsi.  Per noi di Data Carpi la sfida è questa: raccontare l’AI in modo chiaro, accessibile e utile a chi vive e lavora qui. Perché il futuro non è scritto nei laboratori delle grandi multinazionali, ma anche nelle scelte quotidiane delle imprese e delle persone del nostro territorio.