DIETRO LE QUINTE di Data
Oggi per la nostra rubrica che racconta chi siamo e di cosa ci occupiamo intervistiamo Sandra Cattini. Sandra è la figura commerciale del reparto aziende e lavora in Data dal 2009.

Ciao Sandra.

Ciao :) 

Raccontaci un pò di te…

Bè che dire, lavoro in Data da 14 anni e pensandoci adesso è l’esperienza lavorativa continuativa più lunga della mia carriera.
Ho avuto molte esperienze precedenti, sia come dipendente che come libera professionista, sempre in contesti aziendali ben strutturati e oggi queste esperienze mi aiutano molto nel mio lavoro: analizzare e capire i reali bisogni ed esigenze delle aziende, e proporre loro le soluzioni migliori e più adeguate rispetto ai loro obiettivi.
Sono entrata in Data ai tempi della gestione precedente con il ruolo di “Venditore” in cui non mi sono mai troppo riconosciuta... mi sono sempre sentita più una consulente capace di costruire progetti sull’ascolto dei bisogni del cliente.

Raccontaci di qualche esperienza precedente e di cosa ti ha portato qui in Data.

Uscita dal Liceo Linguistico, ho lavorato nell’area commerciale dell’ufficio estero in Best Company per 4 anni, poi più di 10 anni nell’azienda di abbigliamento di famiglia, facendo “di tutto un po;” ma soprattutto ho approfondito il tema dei gestionali aziendali, grazie al consulente ERP che ci seguiva, che era un amico.
Dopo questa esperienza aprii partita iva e mi occupai di consulenza a livello amministrativo e gestionale presso varie aziende, fino a iniziare una collaborazione di altri 10 anni sia di assistenza che commerciale con l’azienda del consulente ERP che ci aveva seguito nell’azienda di famiglia.
Dopo questa esperienza andai poi a lavorare in un’ azienda che aveva come gestionale SPRING ed erano già clienti Data, con l'incarico di ottimizzare l'utilizzo del gestionale....E da quella esperienza sono arrivata qui.

Tantissime esperienze Sandra, cosa ti ha spinto a cambiare nella tua carriera?

Mi ha sempre spinto la voglia di crescere professionalmente e umanamente indipendente dal tipo di azienda o inquadramento.
In Data ho trovato l’occasione di crescere ma anche di creare nuovi modi di lavorare insieme ai colleghi
Quando sono entrata in Data come “Venditore” non c’era ancora una struttura di team di progetto come ora per seguire i clienti.
Insieme a tutti abbiamo con il tempo creato una struttura di lavoro che possa dare al cliente un servizio davvero unico e su misura delle proprie esigenze.
Questo modo di lavorare è utile perché ci permette di far vedere ai clienti scenari possibili, creare assistenza personalizzata e poter essere in ascolto dei loro bisogni, anche di quelli inespressi.

A proposito di modi di lavorare vuoi raccontarci la tua esperienza da Smart Worker a Monaco di Baviera?

Purtroppo e per fortuna ho insegnato ai miei due figli che il mondo è bello e quindi entrambi vivono lontano da Carpi.
In particolare, mia figlia Serena vive a Monaco da 5 anni con il marito e ora con il mio nipotino Ettore, nato a Luglio scorso.
Serena è sempre stata una ragazza indipendente ma io son pur sempre una Mamma e volevo esserle vicina e supportarla negli ultimi mesi di gravidanza.
Ho chiesto la possibilità di poter fare un part-time in smart working per poter andare due mesi a Monaco e stare vicino a lei e alla sua famiglia. Mi è stato concesso.
Sono estremamente grata per aver avuto questa possibilità.
Mi ha permesso di vivere bene mia figlia e il mio lavoro e accogliere il mio nipotino! Apprezzo lo sforzo che hanno fatto i miei colleghi nel supportarmi in questo, essendo un team, e questa è una cosa davvero importante!

Penso che sia nel DNA di Data: non solo ha la capacità di ascoltare le esigenze dei propri clienti, ma costruisce occasioni per rispondere anche alle esigenze dei propri dipendenti attraverso la fiducia che ripone in loro.

Un tuo sogno? o obiettivo per il futuro?

Un Erasmus familiare: inverno in Spagna con mio figlio Mattia dove sogna di trasferirsi e l'estate in Germania con mia figlia Serena e il piccolo Ettore.
Autore: Comunicazione Data 28 ottobre 2025
In un mondo in cui le aziende generano ogni giorno quantità sempre maggiori di dati, il vero vantaggio competitivo non sta più solo nella raccolta, ma nella capacità di interpretarli e comunicarli. E qui entra in gioco la rappresentazione grafica dei dati: trasformare numeri e tabelle in immagini comprensibili, immediate e utili. Perché visualizzare i dati? Il nostro cervello è molto più veloce nell’elaborare forme e colori che non righe di numeri. Un grafico ben costruito può mostrare in pochi secondi una tendenza o un’anomalia che, in una tabella di Excel, rischierebbe di passare inosservata. In azienda questo significa: decisioni più rapide, perché le informazioni diventano accessibili a tutti, non solo agli analisti; comunicazione più chiara, anche tra reparti diversi; riduzione del rischio di errore, grazie a una lettura più intuitiva. Principi di una buona visualizzazione Non basta “mettere un grafico”: la rappresentazione dei dati è un vero e proprio linguaggio che va usato con attenzione. Alcune regole fondamentali: Scegliere il grafico giusto: Ogni dato ha la sua forma ideale. Linee per mostrare trend, barre per i confronti, torte solo quando le parti non sono troppe. Puntare sulla chiarezza: Meno è meglio. Meglio pochi grafici, semplici e leggibili, piuttosto che dashboard piene di elementi confusi. Usare i colori con criterio: Il colore deve guidare l’occhio verso ciò che conta, non decorare. Se tutto è evidenziato, nulla è davvero importante. Pensare all’utente finale: Il grafico deve rispondere a un a domanda concreta: “Sto vendendo di più?”, “Il progetto è in ritardo o in linea?”. Se la risposta non è immediata, la visualizzazione va rivista. Gli errori più comuni Grafici 3D eccessivi, che complicano invece di semplificare. Troppi dati nello stesso spazio, che creano rumore visivo. Mancanza di contesto, cioè numeri mostrati senza riferimenti o spiegazioni, che li rendono poco utili. Interattività: dal report statico al dashboard Un tempo i grafici erano “figure statiche” dentro report cartacei o PDF. Oggi, con strumenti di Business Intelligence, possiamo renderli interattivi: filtri, drill-down, cambi di prospettiva in tempo reale. Un esempio concreto è Microsoft Power BI, che permette di collegare dati provenienti da fonti diverse e trasformarli in dashboard navigabili. Non si tratta solo di estetica, ma di offrire alle persone la possibilità di esplorare i dati in autonomia e trovare le risposte alle proprie domande. Cultura dei dati: oltre lo strumento Però attenzione: non basta avere lo strumento migliore. Serve anche una cultura dei dati. Significa: formare le persone a leggere i grafici in modo critico,  garantire la qualità dei dati, incentivare i team a usare davvero queste informazioni nei processi decisionali quotidiani. Conclusione La rappresentazione grafica dei dati è molto più di un vezzo estetico: è il ponte che trasforma informazioni grezze in insight strategici. In un contesto aziendale fatto di velocità, complessità e competizione, imparare a raccontare i dati in modo chiaro è una competenza imprescindibile. Che si tratti di un semplice grafico a barre o di un dashboard interattivo creato con Power BI, la regola rimane la stessa: non basta mostrare i dati, bisogna renderli comprensibili e utili.
Autore: Comunicazione Data 24 settembre 2025
Nel podcast di Data Carpi abbiamo introdotto l’argomento intelligenza artificiale, cercando di spiegare in modo semplice cos’è e come già oggi entra nelle nostre vite. Ma un episodio non basta per affrontare un tema così vasto e ricco di sfaccettature. Ecco perché questo articolo vuole essere un approfondimento: non una lezione tecnica, ma un racconto discorsivo che aiuti a capire meglio le potenzialità e i limiti dell’AI, e soprattutto a immaginare cosa può significare per un territorio come il nostro. Oltre i luoghi comuni Quando si parla di intelligenza artificiale, spesso emergono due visioni opposte: da un lato l’entusiasmo esagerato, quasi da fantascienza, dall’altro la paura che “le macchine ci ruberanno il lavoro”. La realtà, come spesso accade, sta nel mezzo. L’AI non è magia, ma tecnologia. È fatta di dati, algoritmi e calcoli matematici che permettono a un computer di riconoscere schemi, fare previsioni, proporre soluzioni. Questo significa che la sua efficacia dipende molto da ciò che le mettiamo dentro: se i dati sono scarsi o distorti, anche i risultati lo saranno. È un po’ come una ricetta: se gli ingredienti non sono buoni, anche il piatto finale deluderà. Le sfide nascoste Dietro le promesse dell’AI ci sono alcune sfide importanti che è giusto conoscere. La qualità dei dati : avere tanti dati non basta, serve che siano corretti, aggiornati e rappresentativi. La trasparenza : molti sistemi funzionano come “scatole nere”, producono un risultato senza che sia chiaro il perché. In certi settori, come la sanità o la pubblica amministrazione, questo è un problema serio. La privacy : viviamo in un contesto in cui la protezione dei dati personali è un diritto e un dovere, regolato da norme come il GDPR. Ogni progetto basato su AI deve tenerne conto. Non sono ostacoli insormontabili, ma richiedono attenzione e responsabilità da parte di chi sviluppa e di chi utilizza queste tecnologie. Dove l’AI può fare davvero la differenza Nonostante le complessità, le applicazioni dell’AI sono già realtà e possono portare benefici concreti. Nelle aziende manifatturiere si parla di manutenzione predittiva : grazie a sensori e modelli matematici è possibile anticipare un guasto e ridurre i tempi di fermo macchina. Nei servizi al cittadino, chatbot e sistemi intelligenti possono migliorare l’accesso alle informazioni e ridurre le attese. Anche il mondo artigiano e creativo trova nuove possibilità: strumenti che generano prototipi, analisi dei trend di mercato, soluzioni per personalizzare l’offerta. Queste non sono visioni lontane: sono già disponibili, e molte imprese stanno iniziando a sperimentarle. L’impatto sul lavoro e sulla comunità Uno dei temi più discussi riguarda il lavoro. È vero, alcune mansioni ripetitive verranno progressivamente automatizzate. Ma allo stesso tempo nasceranno nuove figure professionali: servono persone in grado di gestire, interpretare e controllare l’AI. Non basta avere la tecnologia, bisogna saperla guidare. Per questo la formazione diventa centrale: scuole, università, enti locali hanno il compito di preparare le competenze necessarie. Un territorio come Carpi può giocare un ruolo importante, investendo in percorsi che uniscano tradizione e innovazione, saper fare artigiano e competenze digitali. Perché Data può essere protagonista L’Emilia-Romagna è già un distretto tecnologico e manifatturiero riconosciuto a livello europeo. Carpi, con il suo tessuto di piccole e medie imprese, ha molto da guadagnare dall’adozione intelligente dell’AI. Non si tratta solo di “stare al passo coi tempi”, ma di usare questa tecnologia per rendere più efficienti i processi, più sostenibile la produzione, più competitivi i prodotti sul mercato globale. Immaginiamo un’azienda tessile che, grazie a strumenti di analisi predittiva, riduce gli sprechi di materiale; o una cooperativa che usa l’AI per comprendere meglio i bisogni dei clienti e offrire soluzioni personalizzate. Non sono scenari fantascientifici, sono possibilità reali che possono rafforzare il territorio. Conclusione L’intelligenza artificiale non è solo una moda tecnologica: è uno strumento che, se usato con responsabilità, può migliorare la qualità del lavoro, dei servizi e della vita delle comunità. Non basta l’entusiasmo e non serve farsi prendere dal timore: ciò che conta è conoscere, sperimentare e formarsi.  Per noi di Data Carpi la sfida è questa: raccontare l’AI in modo chiaro, accessibile e utile a chi vive e lavora qui. Perché il futuro non è scritto nei laboratori delle grandi multinazionali, ma anche nelle scelte quotidiane delle imprese e delle persone del nostro territorio.