Ciao Cinzia, raccontaci un po' della tua storia professionale.

Cosa hai studiato e le tue esperienze professionali che ti hanno portato poi in Data.


Io sono un perito informatico, diplomata nel 1990 all’ITIS di CARPI, al tempo non c’era tantissima ricerca di periti informatici e quindi ho iniziato a lavorare in una panetteria.

Il forno in cui andai a lavorare aveva una concezione innovativa: utilizzavano un forno a legna.

Interessante. Com’era lavorare in una panetteria?
Il negozio del forno è un ambiente speciale, conoscevi tutti i clienti e potevi creare un rapporto personale con loro. Mi piaceva lavorare sia nel negozio che aiutare il proprietario quando c'era bisogno, anche dopo che ci siamo espansi.
 
E poi cosa è successo?
Successivamente sono stata contattata da un ragazzo che conoscevo che gestiva un ufficio tecnico, di controllo di gestione in un'azienda di produzione biomedicale.
E’ stata un'esperienza fortunata perché lavoravo per un'azienda giovane e dinamica che richiamava giovani da molte università europee. 
Questo mi ha permesso di crescere professionalmente e anche come persona.
 
E poi?
Poi mi sono trasferita in una nota azienda di abbigliamento Carpigiana, dove ho lavorato come responsabile di magazzino. 
Successivamente mi hanno contattato da un’azienda di ingrosso abbigliamento perché volevano automatizzare il processo di vendita e il magazzino.
Ho deciso di accettare la sfida e lì ho avuto l’occasione di portare avanti l'implementazione dei sistemi informativi conoscendo così i prodotti di Data e le persone che vi lavoravano.
 
Come sei arrivata in Data?
Data in quel periodo stava cercando una persona in sostituzione e mi proposero un colloquio, questo succedeva circa 23 anni fa. 

Qual è stata la tua impressione del settore informatico quando hai iniziato?
Quando sono entrata in questo settore, abbiamo attraversato la transizione da DOS a Windows, poi è arrivato l'anno 2000, con l'illusione che tutti i programmi software smettessero improvvisamente di funzionare. 
Successivamente, abbiamo affrontato il passaggio all'euro, sono stati anni di incredibili evoluzioni.
L'ultimo cambiamento significativo è stata l'introduzione della fatturazione elettronica, è stata una rivoluzione per tutti.
Ci siamo organizzati per fornire i programmi e la formazione necessaria affinchè tutti i nostri clienti fossero in grado di affrontare questo cambiamento serenamente. 

Quanti siete nel reparto aziende adesso?
Ad oggi siamo in sette, compresa me. 
Nel corso degli anni abbiamo costantemente aumentato il numero dei clienti ed anche il numero degli assistenti del nostro reparto.
 
Quali sono i cambiamenti intervenuti nel settore negli ultimi anni?
Le nuove tecnologie ci hanno permesso di migliorare l'assistenza in modi che non erano possibili vent'anni fa. 
L'innovazione tecnologica ha resto tutto molto più "veloce", questo ci ha permesso ma anche obbligato ad acquisire nuove competenze e modificare i servizi che offriamo.
  
Cosa pensi succederà in futuro in questo campo?
Ora, guardando al futuro di Data, è difficile prevedere gli sviluppi dei servizi. Credo che l'evoluzione necessaria coinvolgerà maggiormente l'integrazione con altri sistemi, come macchinari per l'Industria 4.0 o app specializzate.
Tutto sta cambiando notevolmente e la parte di controllo di gestione e business intelligence diventerà sempre più cruciale, persino per le microimprese.

Quale pensi sia il valore aggiunto di data in questo futuro di cambiamenti? 
Cerchiamo di offrire un servizio umano e personalizzato, adoperandoci sempre per superare le aspettative dei nostri clienti. 
La collaborazione con i clienti è fondamentale, lavorare in sinergia con un approccio qualificato e compente ci permette di ottenere ottimi risultati come dimostrano i feedback positivi che riceviamo.
 
Chi è Cinzia, fuori da Data?
Oltre al mio lavoro, la mia vita al di fuori di Data è centrata sulla mia famiglia. Sono madre di due adolescenti, uno di 15 anni e uno di 12 anni. Sono in generale una persona curiosa e molte cose mi appassionano come la cucina, il mondo del vino e tantissimo il mondo della fitoterapia. Mi interesso alle erbe spontanee e alla medicina naturale, cercando sempre di approfondire la mia conoscenza e migliorare la qualità della vita per me e per chi mi è vicino.
 
Grazie Cinzia!


Autore: Comunicazione Data 28 ottobre 2025
In un mondo in cui le aziende generano ogni giorno quantità sempre maggiori di dati, il vero vantaggio competitivo non sta più solo nella raccolta, ma nella capacità di interpretarli e comunicarli. E qui entra in gioco la rappresentazione grafica dei dati: trasformare numeri e tabelle in immagini comprensibili, immediate e utili. Perché visualizzare i dati? Il nostro cervello è molto più veloce nell’elaborare forme e colori che non righe di numeri. Un grafico ben costruito può mostrare in pochi secondi una tendenza o un’anomalia che, in una tabella di Excel, rischierebbe di passare inosservata. In azienda questo significa: decisioni più rapide, perché le informazioni diventano accessibili a tutti, non solo agli analisti; comunicazione più chiara, anche tra reparti diversi; riduzione del rischio di errore, grazie a una lettura più intuitiva. Principi di una buona visualizzazione Non basta “mettere un grafico”: la rappresentazione dei dati è un vero e proprio linguaggio che va usato con attenzione. Alcune regole fondamentali: Scegliere il grafico giusto: Ogni dato ha la sua forma ideale. Linee per mostrare trend, barre per i confronti, torte solo quando le parti non sono troppe. Puntare sulla chiarezza: Meno è meglio. Meglio pochi grafici, semplici e leggibili, piuttosto che dashboard piene di elementi confusi. Usare i colori con criterio: Il colore deve guidare l’occhio verso ciò che conta, non decorare. Se tutto è evidenziato, nulla è davvero importante. Pensare all’utente finale: Il grafico deve rispondere a un a domanda concreta: “Sto vendendo di più?”, “Il progetto è in ritardo o in linea?”. Se la risposta non è immediata, la visualizzazione va rivista. Gli errori più comuni Grafici 3D eccessivi, che complicano invece di semplificare. Troppi dati nello stesso spazio, che creano rumore visivo. Mancanza di contesto, cioè numeri mostrati senza riferimenti o spiegazioni, che li rendono poco utili. Interattività: dal report statico al dashboard Un tempo i grafici erano “figure statiche” dentro report cartacei o PDF. Oggi, con strumenti di Business Intelligence, possiamo renderli interattivi: filtri, drill-down, cambi di prospettiva in tempo reale. Un esempio concreto è Microsoft Power BI, che permette di collegare dati provenienti da fonti diverse e trasformarli in dashboard navigabili. Non si tratta solo di estetica, ma di offrire alle persone la possibilità di esplorare i dati in autonomia e trovare le risposte alle proprie domande. Cultura dei dati: oltre lo strumento Però attenzione: non basta avere lo strumento migliore. Serve anche una cultura dei dati. Significa: formare le persone a leggere i grafici in modo critico,  garantire la qualità dei dati, incentivare i team a usare davvero queste informazioni nei processi decisionali quotidiani. Conclusione La rappresentazione grafica dei dati è molto più di un vezzo estetico: è il ponte che trasforma informazioni grezze in insight strategici. In un contesto aziendale fatto di velocità, complessità e competizione, imparare a raccontare i dati in modo chiaro è una competenza imprescindibile. Che si tratti di un semplice grafico a barre o di un dashboard interattivo creato con Power BI, la regola rimane la stessa: non basta mostrare i dati, bisogna renderli comprensibili e utili.
Autore: Comunicazione Data 24 settembre 2025
Nel podcast di Data Carpi abbiamo introdotto l’argomento intelligenza artificiale, cercando di spiegare in modo semplice cos’è e come già oggi entra nelle nostre vite. Ma un episodio non basta per affrontare un tema così vasto e ricco di sfaccettature. Ecco perché questo articolo vuole essere un approfondimento: non una lezione tecnica, ma un racconto discorsivo che aiuti a capire meglio le potenzialità e i limiti dell’AI, e soprattutto a immaginare cosa può significare per un territorio come il nostro. Oltre i luoghi comuni Quando si parla di intelligenza artificiale, spesso emergono due visioni opposte: da un lato l’entusiasmo esagerato, quasi da fantascienza, dall’altro la paura che “le macchine ci ruberanno il lavoro”. La realtà, come spesso accade, sta nel mezzo. L’AI non è magia, ma tecnologia. È fatta di dati, algoritmi e calcoli matematici che permettono a un computer di riconoscere schemi, fare previsioni, proporre soluzioni. Questo significa che la sua efficacia dipende molto da ciò che le mettiamo dentro: se i dati sono scarsi o distorti, anche i risultati lo saranno. È un po’ come una ricetta: se gli ingredienti non sono buoni, anche il piatto finale deluderà. Le sfide nascoste Dietro le promesse dell’AI ci sono alcune sfide importanti che è giusto conoscere. La qualità dei dati : avere tanti dati non basta, serve che siano corretti, aggiornati e rappresentativi. La trasparenza : molti sistemi funzionano come “scatole nere”, producono un risultato senza che sia chiaro il perché. In certi settori, come la sanità o la pubblica amministrazione, questo è un problema serio. La privacy : viviamo in un contesto in cui la protezione dei dati personali è un diritto e un dovere, regolato da norme come il GDPR. Ogni progetto basato su AI deve tenerne conto. Non sono ostacoli insormontabili, ma richiedono attenzione e responsabilità da parte di chi sviluppa e di chi utilizza queste tecnologie. Dove l’AI può fare davvero la differenza Nonostante le complessità, le applicazioni dell’AI sono già realtà e possono portare benefici concreti. Nelle aziende manifatturiere si parla di manutenzione predittiva : grazie a sensori e modelli matematici è possibile anticipare un guasto e ridurre i tempi di fermo macchina. Nei servizi al cittadino, chatbot e sistemi intelligenti possono migliorare l’accesso alle informazioni e ridurre le attese. Anche il mondo artigiano e creativo trova nuove possibilità: strumenti che generano prototipi, analisi dei trend di mercato, soluzioni per personalizzare l’offerta. Queste non sono visioni lontane: sono già disponibili, e molte imprese stanno iniziando a sperimentarle. L’impatto sul lavoro e sulla comunità Uno dei temi più discussi riguarda il lavoro. È vero, alcune mansioni ripetitive verranno progressivamente automatizzate. Ma allo stesso tempo nasceranno nuove figure professionali: servono persone in grado di gestire, interpretare e controllare l’AI. Non basta avere la tecnologia, bisogna saperla guidare. Per questo la formazione diventa centrale: scuole, università, enti locali hanno il compito di preparare le competenze necessarie. Un territorio come Carpi può giocare un ruolo importante, investendo in percorsi che uniscano tradizione e innovazione, saper fare artigiano e competenze digitali. Perché Data può essere protagonista L’Emilia-Romagna è già un distretto tecnologico e manifatturiero riconosciuto a livello europeo. Carpi, con il suo tessuto di piccole e medie imprese, ha molto da guadagnare dall’adozione intelligente dell’AI. Non si tratta solo di “stare al passo coi tempi”, ma di usare questa tecnologia per rendere più efficienti i processi, più sostenibile la produzione, più competitivi i prodotti sul mercato globale. Immaginiamo un’azienda tessile che, grazie a strumenti di analisi predittiva, riduce gli sprechi di materiale; o una cooperativa che usa l’AI per comprendere meglio i bisogni dei clienti e offrire soluzioni personalizzate. Non sono scenari fantascientifici, sono possibilità reali che possono rafforzare il territorio. Conclusione L’intelligenza artificiale non è solo una moda tecnologica: è uno strumento che, se usato con responsabilità, può migliorare la qualità del lavoro, dei servizi e della vita delle comunità. Non basta l’entusiasmo e non serve farsi prendere dal timore: ciò che conta è conoscere, sperimentare e formarsi.  Per noi di Data Carpi la sfida è questa: raccontare l’AI in modo chiaro, accessibile e utile a chi vive e lavora qui. Perché il futuro non è scritto nei laboratori delle grandi multinazionali, ma anche nelle scelte quotidiane delle imprese e delle persone del nostro territorio.