In Data, chi è Sandra?

Qualche collega mi ritiene uno dei  “dinosauri” della Data... Sono qui dal 1997! Ero la più giovane quando sono entrata, ma ora non dico di essere tra le più anziane, ma poco ci manca!


Non ti chiederò quanti anni hai...

Ho 46 anni, non ho problemi a dirlo. Ho iniziato presto, a 19 anni. Ho fatto il mio primo colloquio senza sapere ancora il voto della maturità. Sono entrata grazie a Rossella, che è praticamente l'ufficio di collocamento della Data 😄. Lei era incinta e mi ha chiamato dicendo che cercavano una sostituzione per la sua maternità. Così è iniziato tutto!


Qual è esattamente il tuo ruolo oggi in Data?

Attualmente seguo le aziende, ma ho fatto un po' di tutto. Per un brevissimo periodo mi sono occupata di Profis, poi contemporaneamente delle aziende e del mondo dei consulenti del lavoro. Adesso sono tornata esclusivamente dalle mie amate aziende, perché è il settore che preferisco.


Quali sono le differenze principali tra i consulenti del lavoro e le aziende?
La differenza principale è che il mondo dei consulenti del lavoro è molto più statico, in quanto ci sono delle normative da rispettare. Le buste paga, per esempio, non permettono molta flessibilità. Invece, lavorare con le aziende è più vario e spesso più creativo per il mio modo di lavorare.

C'è un tipo di cliente che segui principalmente?
Ora mi occupo soprattutto del prodotto eSolver, ma anche di Spring. Mi concentro, principalmente, sulla parte contabile e il controllo di gestione. 

Se dovessi promuovere il prodotto eSolver per il controllo di gestione, su cosa punteresti?
Sicuramente sulla velocità di inserimento dei dati (la maggior parte di essi si alimenta direttamente dalle registrazioni contabili) e sulla capacità di ottenere tantissimi risultati, anche sotto forma di grafici, in pochissimo tempo.

Che cosa ti ha dato questa esperienza? C'è un episodio o qualcosa che ti ha fatto crescere o capire di più su te stessa?
Sicuramente in Data sono cresciuta tantissimo e ho imparato davvero molto. Pensa solo a come siamo partiti! Quando ho iniziato a lavorare in Data, l’uso di Internet era ancora molto limitato. L'assistenza ai clienti, per esempio, all’inizio era solo telefonica; la teleassistenza è arrivata più tardi. Non era per nulla facile capire il problema in questo modo. Se un cliente non era pratico, magari per un piccolo problema, bisognava andare di persona a Modena per risolverlo, anche se poi si trattava di un intervento di pochi minuti.

Mi ricordo che i primi giorni di lavoro sono stati molto difficili. Non sono mancati i momenti di crisi per essermi trovata a fine giornata con una marea di sospesi irrisolti! Poi, con l'evoluzione che c'è stata negli anni, sono riuscita a stare al passo coi tempi. Guardandomi indietro, mi rendo conto di quanto ho imparato.

E dal punto di vista umano? Come ti ha influenzato il lavoro nelle relazioni con le persone?
Sicuramente mi ha aiutato molto. Io sono sempre stata una persona timida, ma questa esperienza mi ha dato l'opportunità di guadagnare sicurezza quando parlo con le persone. Ho imparato a relazionarmi meglio.
Non si arriva mai al 100% a essere completamente sicuri di sé, perché, nonostante gli anni, la natura umana è insondabile, va sempre sperimentata. Prima ero una persona che faceva poche domande o parlava poco. Ora, forse, parlo fin troppo. Ho acquisito molta più sicurezza da questo punto di vista, ma alcuni difetti, come l’ansia di gestire certe situazioni, restano. 

A volte l’ansia va di pari passo con la cura che abbiamo per le cose ;)

Chi è Sandra fuori da qui?
Sandra fuori da quì è una mamma. Sono sposata e vivo una vita molto tranquilla. Dedico la mia vita al lavoro e alla famiglia. Infatti, potrei dire di avere un secondo lavoro: fare la “tassista” per le mie figlie! 😄 Entrambe le mie figlie giocano a pallavolo e spesso, nei fine settimana, vado a fare il tifo per loro.
Mi piace molto leggere, camminare e viaggiare, anche se i vari impegni familiari lasciano sempre meno tempo per fare ciò che più mi piace.

Quanti anni hanno le tue figlie?
Giorgia ha quasi 12 anni, e Alice, invece, ha 14 anni. 

Cosa vedi nel tuo futuro e in quello di Data?
Nel mio futuro personale, vorrei avere più tempo per viaggiare, magari con le mie figlie, ma anche senza di loro! (ride) In Data, invece, vedo sempre tanto lavoro e cambiamenti. Le esigenze delle aziende evolvono e c'è sempre qualcosa da imparare.

Grazie Sandra!
Grazie a voi!

Autore: Comunicazione Data 28 ottobre 2025
In un mondo in cui le aziende generano ogni giorno quantità sempre maggiori di dati, il vero vantaggio competitivo non sta più solo nella raccolta, ma nella capacità di interpretarli e comunicarli. E qui entra in gioco la rappresentazione grafica dei dati: trasformare numeri e tabelle in immagini comprensibili, immediate e utili. Perché visualizzare i dati? Il nostro cervello è molto più veloce nell’elaborare forme e colori che non righe di numeri. Un grafico ben costruito può mostrare in pochi secondi una tendenza o un’anomalia che, in una tabella di Excel, rischierebbe di passare inosservata. In azienda questo significa: decisioni più rapide, perché le informazioni diventano accessibili a tutti, non solo agli analisti; comunicazione più chiara, anche tra reparti diversi; riduzione del rischio di errore, grazie a una lettura più intuitiva. Principi di una buona visualizzazione Non basta “mettere un grafico”: la rappresentazione dei dati è un vero e proprio linguaggio che va usato con attenzione. Alcune regole fondamentali: Scegliere il grafico giusto: Ogni dato ha la sua forma ideale. Linee per mostrare trend, barre per i confronti, torte solo quando le parti non sono troppe. Puntare sulla chiarezza: Meno è meglio. Meglio pochi grafici, semplici e leggibili, piuttosto che dashboard piene di elementi confusi. Usare i colori con criterio: Il colore deve guidare l’occhio verso ciò che conta, non decorare. Se tutto è evidenziato, nulla è davvero importante. Pensare all’utente finale: Il grafico deve rispondere a un a domanda concreta: “Sto vendendo di più?”, “Il progetto è in ritardo o in linea?”. Se la risposta non è immediata, la visualizzazione va rivista. Gli errori più comuni Grafici 3D eccessivi, che complicano invece di semplificare. Troppi dati nello stesso spazio, che creano rumore visivo. Mancanza di contesto, cioè numeri mostrati senza riferimenti o spiegazioni, che li rendono poco utili. Interattività: dal report statico al dashboard Un tempo i grafici erano “figure statiche” dentro report cartacei o PDF. Oggi, con strumenti di Business Intelligence, possiamo renderli interattivi: filtri, drill-down, cambi di prospettiva in tempo reale. Un esempio concreto è Microsoft Power BI, che permette di collegare dati provenienti da fonti diverse e trasformarli in dashboard navigabili. Non si tratta solo di estetica, ma di offrire alle persone la possibilità di esplorare i dati in autonomia e trovare le risposte alle proprie domande. Cultura dei dati: oltre lo strumento Però attenzione: non basta avere lo strumento migliore. Serve anche una cultura dei dati. Significa: formare le persone a leggere i grafici in modo critico,  garantire la qualità dei dati, incentivare i team a usare davvero queste informazioni nei processi decisionali quotidiani. Conclusione La rappresentazione grafica dei dati è molto più di un vezzo estetico: è il ponte che trasforma informazioni grezze in insight strategici. In un contesto aziendale fatto di velocità, complessità e competizione, imparare a raccontare i dati in modo chiaro è una competenza imprescindibile. Che si tratti di un semplice grafico a barre o di un dashboard interattivo creato con Power BI, la regola rimane la stessa: non basta mostrare i dati, bisogna renderli comprensibili e utili.
Autore: Comunicazione Data 24 settembre 2025
Nel podcast di Data Carpi abbiamo introdotto l’argomento intelligenza artificiale, cercando di spiegare in modo semplice cos’è e come già oggi entra nelle nostre vite. Ma un episodio non basta per affrontare un tema così vasto e ricco di sfaccettature. Ecco perché questo articolo vuole essere un approfondimento: non una lezione tecnica, ma un racconto discorsivo che aiuti a capire meglio le potenzialità e i limiti dell’AI, e soprattutto a immaginare cosa può significare per un territorio come il nostro. Oltre i luoghi comuni Quando si parla di intelligenza artificiale, spesso emergono due visioni opposte: da un lato l’entusiasmo esagerato, quasi da fantascienza, dall’altro la paura che “le macchine ci ruberanno il lavoro”. La realtà, come spesso accade, sta nel mezzo. L’AI non è magia, ma tecnologia. È fatta di dati, algoritmi e calcoli matematici che permettono a un computer di riconoscere schemi, fare previsioni, proporre soluzioni. Questo significa che la sua efficacia dipende molto da ciò che le mettiamo dentro: se i dati sono scarsi o distorti, anche i risultati lo saranno. È un po’ come una ricetta: se gli ingredienti non sono buoni, anche il piatto finale deluderà. Le sfide nascoste Dietro le promesse dell’AI ci sono alcune sfide importanti che è giusto conoscere. La qualità dei dati : avere tanti dati non basta, serve che siano corretti, aggiornati e rappresentativi. La trasparenza : molti sistemi funzionano come “scatole nere”, producono un risultato senza che sia chiaro il perché. In certi settori, come la sanità o la pubblica amministrazione, questo è un problema serio. La privacy : viviamo in un contesto in cui la protezione dei dati personali è un diritto e un dovere, regolato da norme come il GDPR. Ogni progetto basato su AI deve tenerne conto. Non sono ostacoli insormontabili, ma richiedono attenzione e responsabilità da parte di chi sviluppa e di chi utilizza queste tecnologie. Dove l’AI può fare davvero la differenza Nonostante le complessità, le applicazioni dell’AI sono già realtà e possono portare benefici concreti. Nelle aziende manifatturiere si parla di manutenzione predittiva : grazie a sensori e modelli matematici è possibile anticipare un guasto e ridurre i tempi di fermo macchina. Nei servizi al cittadino, chatbot e sistemi intelligenti possono migliorare l’accesso alle informazioni e ridurre le attese. Anche il mondo artigiano e creativo trova nuove possibilità: strumenti che generano prototipi, analisi dei trend di mercato, soluzioni per personalizzare l’offerta. Queste non sono visioni lontane: sono già disponibili, e molte imprese stanno iniziando a sperimentarle. L’impatto sul lavoro e sulla comunità Uno dei temi più discussi riguarda il lavoro. È vero, alcune mansioni ripetitive verranno progressivamente automatizzate. Ma allo stesso tempo nasceranno nuove figure professionali: servono persone in grado di gestire, interpretare e controllare l’AI. Non basta avere la tecnologia, bisogna saperla guidare. Per questo la formazione diventa centrale: scuole, università, enti locali hanno il compito di preparare le competenze necessarie. Un territorio come Carpi può giocare un ruolo importante, investendo in percorsi che uniscano tradizione e innovazione, saper fare artigiano e competenze digitali. Perché Data può essere protagonista L’Emilia-Romagna è già un distretto tecnologico e manifatturiero riconosciuto a livello europeo. Carpi, con il suo tessuto di piccole e medie imprese, ha molto da guadagnare dall’adozione intelligente dell’AI. Non si tratta solo di “stare al passo coi tempi”, ma di usare questa tecnologia per rendere più efficienti i processi, più sostenibile la produzione, più competitivi i prodotti sul mercato globale. Immaginiamo un’azienda tessile che, grazie a strumenti di analisi predittiva, riduce gli sprechi di materiale; o una cooperativa che usa l’AI per comprendere meglio i bisogni dei clienti e offrire soluzioni personalizzate. Non sono scenari fantascientifici, sono possibilità reali che possono rafforzare il territorio. Conclusione L’intelligenza artificiale non è solo una moda tecnologica: è uno strumento che, se usato con responsabilità, può migliorare la qualità del lavoro, dei servizi e della vita delle comunità. Non basta l’entusiasmo e non serve farsi prendere dal timore: ciò che conta è conoscere, sperimentare e formarsi.  Per noi di Data Carpi la sfida è questa: raccontare l’AI in modo chiaro, accessibile e utile a chi vive e lavora qui. Perché il futuro non è scritto nei laboratori delle grandi multinazionali, ma anche nelle scelte quotidiane delle imprese e delle persone del nostro territorio.